Il toccare non è più (non può essere più) azione di appropriazione autoritaria o di conquista (patriarcale e coloniale) del corpo e dello spazio dell’altro, magari attraverso ben codificati vocabolari di movimento o egoriferite modalità compositive. Ma il toccare è atto di resistenza e liberazione senza rivendicazione di alcuna virtù prestazionale, sovrana o identitaria. Qui non c’è alcun ammicco: nessun calcolo di potere sui corpi, sui suoni e sulle azioni. Alla danza tutta baci, occhiolini e intese per l’applauso di tutti, Rizzo contrappone invece il riconoscimento e la condivisione. La riuscita non è più una parola d’ordine ma è consegnata nelle mani dell’altro. Rizzo ha fatto scelte importanti e ponderate: non è più immersa, nella sua ricerca, in ciò che non può più né dovrebbe essere danza. Il suo sguardo critico si è trasformato in quello di una decisa proposta. Su un piano di forte affermazione, la coreografa è tutta concentrata su cosa e soprattutto come e a quali condizioni può esserlo nuovamente. Senza fare finta di niente.
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Recensione
di Stefano Tomassini
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18 ottobre 2020